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Cesaratto: “L’euro non si doveva fare. Sull’ipotesi di uscita dalla moneta unica si fa terrorismo”

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Professore ordinario di Economia politica e di Economia dello sviluppo Dipartimento di Economia Politica e Statistica (DEPS) Università di Siena

Sergio_Cesaratto

Professore, ci spiega cosa vuol dire quello che è successo a Cipro?

Le crisi di Cipro e parzialmente dell’Irlanda sono crisi differenti da quella spagnola e italiana. Cipro ha attirato capitali russi ma anche tedeschi reinvestiti in titoli di Stato greci. Quando la Grecia è entrata in crisi, le banche cipriote non sono state più in grado di restituire il debito, e lo Stato è troppo piccolo per aiutarle. Così l’unica cosa è stata far pagare i grossi depositanti. Alcune delle misure adottate a Cipro suggeriscono che gli aspetti tecnici dell’uscita di un Paese dalla moneta unica possono costituire un disagio, ma non un dramma. Cipro non è uscita dall’euro, ma le misure assomigliano a quelle che si adotterebbero in caso di uscita. Nell’isola, per esempio, hanno bloccato le fughe di capitali: si fa facilmente, in via elettronica, con un ordine impartito dall’esecutivo alle banche.

Quindi come avverrebbe un’ipotetica uscita dell’Italia dalla moneta unica?

Il governo di un paese che decida di uscire dall’euro dovrebbe prendere questa decisione il venerdì sera, a banche chiuse. Non lo si dovrebbe sapere: se accadesse in Italia, per esempio, i possessori di depositi nel nostro Paese, sapendo che potrebbero venire rinominati in lire, porterebbero quei capitali altrove. Sarebbe necessario chiudere le banche alcuni giorni, avviando controlli sui movimenti di capitale. Tutti i conti – i salari, ad esempio, ma anche il debito pubblico – verrebbero ridenominati nella nuova moneta. Ridenominando i nostri debiti verso l’estero in lire, la lira svaluterebbe e gli investitori stranieri che detengono titoli di debito pubblico italiano subirebbero delle perdite: sono cose che, comunque, non hanno mai fatto scoppiare guerre mondiali.

Se l’Italia dovesse tornare alla lira, la nostra “nuova” moneta svaluterebbe di certo?

È già successo nel 1992, in occasione dell’uscita del nostro paese dal Sistema Monetario Europeo. Le esportazioni ripresero e questo portò all’economia italiana anche benefici in termini di occupazione. Il risparmio interno ricomincerebbe a essere sufficiente per sostenere il debito pubblico senza dover ricorrere ai mercati finanziari esteri. Uscivamo allora da una realtà simile all’euro: un sistema di cambi fissi con le altre monete che aveva i medesimi problemi che ha oggi la moneta unica. Non abbiamo imparato nulla.

E quali sarebbero i risvolti negativi?

Il vero problema è che dovremmo cercare di uscire dall’euro, auspicabilmente, rimanendo in Europa. Non vogliamo la rottura dell’Europa. Se si scatenasse una vendetta franco-tedesca nei confronti l’Italia, ad esempio con la chiusura delle frontiere alle nostre esportazioni, sarebbe certamente un grave danno per il nostro paese.

Come fare allora?

La questione politica di un’eventuale uscita di un Paese dall’eurozona va gestita attraverso accordi che sarebbero segretissimi. In caso di uscita dell’Italia dall’euro il problema non sarebbe a mio avviso la Germania, che al massimo potrebbe subire un po’ di concorrenza in più. È la Francia il paese chiave: il popolo francese non sopporterebbe di veder uscire l’Italia da questo pasticcio che è l’euro rimanendo prigioniero della gabbia tedesca. Si verificherebbe così una rottura dell’euro in due: sud e nord. Mantenendo l’Europa grazie a degli accordi politici, ma senza l’euro: perché è l’euro il disastro, non l’Europa. La Francia potrebbe veder male un’uscita italiana e istigare i tedeschi a ritorsioni commerciali. Questo è l’ostacolo all’uscita, non gli aspetti tecnici.

Quali sarebbero gli effetti di un’uscita dall’euro sull’economia italiana?

L’Italia, con la svalutazione della propria moneta, riprenderebbe le esportazioni. Avremmo di nuovo una banca centrale, potremmo rilanciare la domanda interna, l’occupazione riprenderebbe: avremmo insomma tutta una serie di vantaggi. La banca d’Italia o la Banca dell’euro del sud, comportandosi possibilmente in modo diverso dalla Bce, garantirebbe i titoli del nostro debito pubblico. Con una nostra banca centrale, lo Stato non potrà mai fare default.

L’aumento dell’inflazione non sarebbe un danno per la quotidianità degli italiani?

Non credo. Presumibilmente i salari non aumenterebbero: in compenso crescerebbe l’occupazione, che è il vero problema. Non facciamoci spaventare: avremmo i livelli di inflazione degli Stati Uniti: ma se nostro figlio lavora, se si trovano finalmente i soldi per l’istruzione, il 4-5% di inflazione non è un danno. E nel lungo periodo – stimolando la domanda interna o la politica fiscale e uscendo da questa logica di austerity – riprenderebbero le esportazioni, restituiremmo il debito estero e i risparmi italiani diventerebbero di nuovo sufficienti per sostenere il debito pubblico, senza aiuti stranieri. Lentamente usciremmo dalla crisi, con visibili benefici su occupazione e redditi. Così, invece, non ci sarà ripresa nel 2014 né nel 2015, e non c’è nulla che possa salvarci.

Perché allora non lo facciamo?

C’è molta codardia politica e intellettuale, e sui rischi di una rottura dell’euro viene fatto un vero e proprio terrorismo. Si tratta di una cosa delicata, certo. Ma l’euro non si doveva fare: si adotta una moneta unica fra aree economiche molto omogenee, e l’Europa non lo era. Pensare che gli economisti americani, all’epoca, l’avevano detto, e per tutta risposta si era gridato al complotto statunitense.
Purtroppo oggi per l’Italia, in questa Europa di interessi tedeschi così diversi dai nostri, rimanere nell’euro significa più danni che benefici. Dovremmo cercare un accordo segreto politico in Europa e concordare una rottura: Italia e Francia da un lato e Germania dall’altro.
Prima di questo, comunque, ci sarebbero ancora dei correttivi far funzionare meglio l’Europa: la Bce dovrebbe avere inflazione ma anche occupazione e crescita tra i suoi obiettivi. Dovrebbe operare mantenendo tassi di interesse molto bassi sui titoli del debito pubblico e attuare politiche fiscali espansive in modo da sostenere le spese pubbliche europee. Servono più trasferimenti fiscali tra paesi, che piaccia o non piaccia ai tedeschi.

La Germania è l’unico attore che sembra trarre benefici dall’attuale situazione. Cosa rischia in caso di nostra uscita dall’euro?

È un paese talmente forte che, se l’euro deflagrasse, in Europa si tornerebbe semplicemente allo stato precedente, quando l’Unione comunque funzionava. I tedeschi hanno certamente una convenienza politica nell’Europa per come è oggi mentre non hanno, come del resto nessuno, convenienza politica di sorta ad avere di nuovo un’Europa conflittuale. Come ho sopra ricordato, la Francia è il paese chiave. Decida se mettersi a capo del sud europeo, oppure essere lo junior partner della Germania. Per ora la Germania ha sfruttato i mercati del sud Europa: l’Italia ha perso competitività e i tedeschi ne hanno approfittato per esportare di più. La Germania sta anche beneficiando dello smantellamento dell’industria italiana: siamo concorrenti dei tedeschi, e ci stanno facendo fuori. È arrivato il momento che dismettano questo modello.

Quando arriverà, secondo lei, il punto di non ritorno?

Difficile dirlo. Tutti davano per spacciato l’euro a luglio scorso, Monti o non Monti – e Monti ha fatto un disastro. A qual punto è intervenuto Draghi: “Farò di tutto per salvare l’euro”, ha detto. Tradotto: la Bce ha dichiarato che, in emergenza, impedirebbe il default di Italia e Spagna. Poi Draghi non ha fatto nulla ma i mercati si sono relativamente tranquillizzati, anche se ci fanno pagare ancora spread molto alti. Insomma: appena la situazione si drammatizza, l’Europa fa quella piccola mossa necessaria a impedire che tutto crolli. Anche questo, però, è un gioco che a un certo punto smetterà di funzionare. Non ho speranze in questa Europa.

E quindi cosa ci dobbiamo aspettare nel futuro?

Certo è che, se la situazione continua a peggiorare, l’Italia non potrà sopportare nuove manovre. Il pericolo maggiore è l’assuefazione: temo un aumento delinquenza, uno sfascio fatto di comportamenti incivili e degrado. La protesta sociale è andata incanalandosi nel Movimento 5 Stelle: che è, francamente un disastro… Un “Fascismo buffo”, una scientology antidemocratica. I grillini sono ancora in tempo, ma Gianroberto Casaleggo è un personaggio losco e molti militanti 5Stelle – istruiti, laureati – sono e restano comunque automi. L’Università evidentemente non basta.

Nel panorama politico, però, è proprio il Movimento di Grillo a portare avanti la proposta di abbandonare la moneta unica al suo destino.

E infatti oggi i grillini dovrebbero spingere per un governo che vada in Europa a chiedere di cambiare registro con un accordo politico. Ma sono troppo sgangherati. Qual è la loro proposta economica? Dovrebbero sentire proposte economiche serie. Proponessero! Dove sono i nomi? Fanno sondaggi, ma non fanno democrazia e non la capiscono. Avevano l’occasione per spingere il PD a fare cose innovative, la stanno sprecando.

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