Cosa sta succedendo in Cina? Economia e borsa in picchiata da un mese
Cina economia in fibrillazione e borsa che in un mese ha perso il 30% e 3 mila miliardi di dollari. Cosa succede alla tigre asiatica? In realtà questo calo segue però ad un anno di grande, forse eccessiva, euforia.

Cina: economia e borsa stanno attraversando una delle più gravi crisi che il paese asiatico abbia mai conosciuto. Siamo abituati ai dati in costante crescita del gigante cinese, con un Pil che galoppa, un manifatturiero che è diventato il maggior fornitore globale. Con importanti aziende italiane in cui i cinesi entrano (ad esempio le banche) o direttamente rilevano brand e proprietà (ultimo esempio il marchio Swm rilevato da Shineray e che ha iniziato a produrre moto in Italia).
Ecco perché le news dalla borsa cinese ci arrivano inaspettate. Un riassunto della situazione e la spiegazione dei motivi del crollo diquesto mese.
Un mese di crollo della borsa cinese
La data in cui tutto ha iniziato a virare verso il rosso è quella del 12 giugno. Da quel momento il sistema borsistico cinese ha fatto segnare un clamoroso -30%, Parliamo di “sistema borsistico” perché in Cina ci sono due Borse, quella di Shanghai, la più importante, e quella di Shenzen (ad esse si aggiunge Hong Kong che pur con grande autonomia rientra in territorio cinese).
In termini assoluti in meno di un mese sono stati bruciati 3 mila miliardi di dollari. Una cifra pazzesca. Per fare un raffronto: la Grecia sta vivendo ore drammatiche per poco più di un miliardo di dollari non restituiti e tutto il suo debito, complessivamente, ammonta a 330 miliardi di dollari. Cioè la Grecia ha un debito totale pari al 10% di quanto la borsa cinese ha perso in un mese.
Se volete un paragone italiano: la legge di stabilità 2015 valeva 36 miliardi di euro (circa 39 miliardi di dollari).
Una grandissima bolla finanziaria
L’andamento ella borsa cinese è stato assolutamente particolare. Se andiamo indietro rispetto a giugno 2015 troviamo una salita vertiginosa del livello dei titoli. Un +150%, enormemente sopravvalutato rispetto all’andamento del Pil e a tutti gli indici economici del gigante asiatico.
Riassumendo: un anno di crescita pazzesco e un mese di crollo, ma, se guardiamo in termini assoluti, dopo il +150% il -30% di giugno è ancora “poco” rispetto a quanto le azioni cinesi sono cresciute nel periodo precedente.
L’Economist a fine maggio titolava in modo eloquente “A crazy casino” per introdurre la situazione cinese. Se il Pil del Paese nel primo quadrimestre del 2015 saliva del 7% (dato che a noi, abituati agli 0,qualcosina, appare altissimo ma che è il risultato “peggiore” degli ultimi sei anni) le azioni erano più che raddoppiate in valore rispetto all’anno precedente.
Come il crollo del Nasdaq
Vi ricordate tra la fine del vecchio secolo e l’inizio del nuovo l’entusiasmo per tutto quello che era chiamato “new economy“? Titoli di aziende informatiche, biotecnologie, green economy. Un grande entusiasmo che aveva fatto salire enormemente i titoli del Nasdaq in America.
Anche in Italia ci furono fenomeni come Tiscali, arrivata a quote di capitalizzazione incredibilmente elevate: messa sul mercato a 46 dollari ad azione arrivò al massimo di 1197 dollari ad azione con una pazzesca crescita del 2500% per poi crollare (controllate ora quanto vale…) lasciando tantissimi risparmiatori col cerino in mano.
Anche in Cina la crescita vertiginosa dello scorso anno è stata quasi totalmente dovuta all’indice ChiNext che è appunto quello in cui confluiscono le imprese della new economy, in particolare internet e tecnologia.
Quindi una grande bolla con speculazioni e probabilmente eccessivo entusiasmo di cui l’attuale repentina discesa è in gran parte un riposizionamento verso quote di indicizzazione più realistiche. Nel frattempo qualcuno ci avrà molto guadagnato. Se si guardano in parallelo i grafici degli indici borsistici Usa e cinese si noterà come la prima proceda sostanzialmente in modo graduale, con un profilo di andamenti “frastagliati”, mentre la seconda ha un Everest di crescita compreso tra marzo e giugno, con la successiva caduta.
Per tentare di arginare la discesa il governo cinese ha bloccato le vendite del 70% delle azioni che ancora allo stato attuale non sono negoziabili.
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