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La medicina estetica palliativa ha come scopo la cura della persona malata e dei segni visibili della malattia. Dalle patologie più estreme come quelle terminali, fino ai problemi estetici che rovinano la qualità della vita quotidiana. Ne abbiamo parlato con il dottor Fulvio Tomaselli, presidente della Società di Medicina Estetica Palliativa.

TomaselliDove non arriva la malattia, arriva lo stigma sociale. E dove non arriva questo, arriviamo noi stessi: guardarsi allo specchio e vedersi malati è forse peggio di vedere riflessa la propria malattia negli occhi degli altri. I segni della malattia rendono ancora più difficile la guarigione e rovinano la qualità della vita. Per questo un ambito della medicina a volte considerato “superficiale” o addirittura futile come la medicina estetica, diventa di fondamentale importanza: “Siamo esseri umani con una malattia, mai siamo la malattia” ci spiega il dottor Fulvio Tomaselli, presidente onorario della Società Italiana di Medicina Estetica e presidente della Società di Medicina Estetica Palliativa. Abbiamo parlato con lui di questo aspetto spesso sottovalutato della medicina. Può essere importante partire dall’etimologia del termine “palliativo”, che viene dal latino pallium, cioè il mantello che copre e protegge la persona. Allo stesso modo la medicina estetica palliativa cura l’aspetto visibile della malattia, quello con il maggior peso sociale, non intervenendo sulla causa ma sulle conseguenze nella vita quotidiana.

In che modo la medicina estetica palliativa dà importanza all’aspetto sociale della malattia?

L’estetica è la filosofia della percezione di sé. Un qualsiasi inestetismo mal accettato o inaccettabile come quello derivante da malattia, si riversa sulla vita di relazione, sulla qualità della vita. La “faccia da malato” non attira simpatia,. ..forse pena e compatimento, atteggiamento ancora più emarginante. Se con alcune metodologie si riesce a spostare l’attenzione dalla malattia alla vita che le sta intorno, la ghettizzazione sociale si può ridurre notevolmente.

Un tempo i segni della malattia, di qualsiasi tipo, erano immediatamente visibili sul malato. Si poteva capire di che malattia soffrisse una persona o cosa gli fosse successo anche solo guardandola. Oggi come sono cambiate le cose?

Forse in peggio! Oggi l’attenzione all’estetica fa notare più di ieri le sbavature. Si intende spesso estetica uguale bellezza, sbagliando  il concetto. Estetica è equilibrio fra le parti, la bellezza è il massimo equilibrio fra le parti visibili. La salute è il massimo equilibrio fra le parti non visibili, se manca si oggettiva con modifiche del colorito, dell’atteggiamento, dello sguardo che non può essere mistificato. I segni di malattia sono sempre gli stessi, devono essere socializzati non è più il momento del lebbroso con la campana, l’altro da sé siamo tutti.

Quali sono i casi più significativi in cui si rivela importanti questo aspetto estetico palliativo? Ci può fare qualche esempio di paziente?

Molte patologie nello stato iniziale sono scarsamente visibili e si manifestano attraverso gli effetti collaterali delle terapie e della modifica dell’atteggiamento mentale del malato, che non avrà un istante di spazio nel pensiero fissato sull’ansia della guarigione. La malattia oncologica risulta essere la più eclatante, temuta e “chiacchierata”. Perdita dei capelli, eruzioni cutanee, colorito paonazzo del volto… sono stigmate. Non è diverso il “semplice “ malato di varici, o lo psoriasico, il portatore di vitiligine, l’acneico che mostra al mondo il suo problema vissuto con fatica, tal che si parla di “disabilità estetiche” in ambito ONU.

In casi particolari come, ad esempio, i malati di Sla, in che modo può aiutare la medicina estetica palliativa?

Facendo perdurare la cura alla Persona. La medicina estetica che io vivo da quasi 50 anni nasce con la finalità di prevenire, restituire, correggere, mantenere …in questo ordine rigoroso, paradigmatico. La natura non fa salti. Quando la malattia è fortemente invalidante, la cura deve essere per la Persona e per il suo intorno, siamo esseri umani con una malattia, mai siamo una malattia. Il look che tanto occupa del nostro tempo deve essere mantenuto per rispetto della Persona stessa, l’igiene, e quanto attiene alla cura della Persona, non solo della malattia.

Un aspetto molto diffuso e in passato sottovalutato è quello delle persone che cambiano genere sessuale. Un percorso medico estetico sbagliato porta a danni psicologici e sociali, emarginando la persona. In che modo bisognerebbe intervenire correttamente?

Siamo di fronte a un problema parzialmente insabbiato e parzialmente sbattuto in prima pagina. Chi lo considera un “ vizio” mentale fa gran confusione. Le storie di queste Persone sono sempre molto dolorose e le scelte successive frutto di dilanianti contrasti. Il cambio di genere sia fisico che anagrafico riconosciuto segue delle procedure molto precise e severe, che possono essere evitate con privati “addetti ai lavori”. Questo non deve stupire più di tanto, le scappatoie sono sempre esistite. Il punto focale è sulla etica professionale degli Operatori sanitari.

Se questa non è specchiata ci troviamo di fronte a mostruosità assolute dove la richiesta trova sempre una offerta allineata. Questo non deve essere, il ruolo del medico nella femminilizzazione (più frequente) deve essere quello di gestore del giusto equilibrato cammino, senza lasciarsi sviare da richieste più o meno azzardate che rischiano di trasformare queste Persone in parodie del genere raggiunto, mettendole alla berlina di una società per nulla comprensiva. Da qualche anno ho proposto ambulatori “dedicati” nel senso che siano gestiti da personale altamente qualificato in grado di non fare differenze, sulla porta non dovremo certo scrivere “riservato ai Trans gender”, esattamente il contrario, salvaguardando la privacy come etica ci impone.

E’ anche un problema economico? Cioè: un malato con i soldi avrà meno conseguenze sociali a causa della sua malattia di un malato che invece non ha soldi?

Inesorabilmente, a meno che non capiti in mani di sciacalli o venditori di illusioni. Non si compra la salute, si compra la cura che deve essere quella giusta e certificata che in genere viene fornita dal SSN. Il denaro compra qualche comodità in più ma null’altro. Questo fin quando non ci chiederanno la carta di credito prima di ogni azione sanitaria.

Con la “Early palliative care” non ci si limita all’ambito della medicina estetica ma ci si allarga anche ad altri ambiti medici?

Medicina estetica uguale cura della Persona. In ogni ambito sanitario esiste il modo per mettere in atto questa filosofia di cura che prende in carico la Persona malata dal primo momento senza occuparsi di diagnosi prognosi, fornendo dal primo momento risposte ai bisogni individuali e non solo un accompagnamento alla morte negli ultimi mesi di malattia terminale. Palliare significa coprire i bisogni della persona per aiutare a vivere, per arrivare vivi alla morte

Quali sono al momento, secondo lei, gli aspetti negativi e le tendenze sbagliate o preoccupanti della medicina estetica in Italia?

Incompetenza, approssimazione, mancanza di cultura specifica , di preparazione profonda. Si pensa che la medicina estetica sia alla portata di tutti quanti possono praticarla. E’ un errore madornale. La laurea in medicina e chirurgia (solo questa abilitante) consente ogni pratica medica senza specializzazione, eccetto Radiologia, Anestesiologia, a patto che ci sia una preparazione assoluta.

Per la stessa medicina estetica l’articolo 72 del Codice deontologico prevede la necessità di una formazione documentata. L’utenza pensa di risolvere tutto e subito sotto la spinta di ignobili campagne pubblicitarie mendaci e illusorie che inoltre giocano al ribasso economico che sarà reso possibile dall’utilizzo di materiali a basso costo con scarsa o nulla reputazione. La dignità professionale avvilita dalla tragica “prima visita gratis” che non considera quel momento come la massima espressione della preparazione e esperienza del Professionista, la prescrizione terapeutica è “noia”

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