“Le donne fanno, ancora, più fatica ad imporsi e ad entrare a pieno titolo e da protagoniste nel mercato economico”. Intervista a Debora Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e vicesegretaria del PD. “Sbloccare questo meccanismo consentirebbe di agganciare la ripresa, anche dell’occupazione, in maniera più solida”.
Classe 1970, è stata da molti definita enfant prodige della sinistra. Oggi vicesegretaria del Partito Democratico e presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani irrompe sulle scene nel 2009 con famoso intervento all’assemblea dei circoli del PD a Roma. Erano tempi di crisi e malumori, Walter Veltroni era andato via lasciando il posto a Dario Franceschini e i democrat, insomma, non si sentivano tanto bene. È stato in quel momento che sul palco è arrivata lei, sconosciuta al grande pubblico, con un intervento tra il morettiano e il coraggioso, così critico nei confronti della classe dirigente del suo partito da attirare l’attenzione anche della stampa internazionale. “In Friuli Venezia Giulia stiamo passando dalla recessione ai primi segnali di ripresa economica”, spiega a Donne sul Web.
Presidente, qual è oggi la situazione dell’imprenditoria in generale e di quella femminile nella sua Regione?
Il Friuli Venezia Giulia è un territorio particolare e variegato, che manifesta forte attitudine all’innovazione soprattutto sotto l’aspetto scientifico e tecnologico, con importanti poli ed incubatori di ricerca e sviluppo che trovano coinvolte soprattutto piccole e medie imprese, anche a significativa partecipazione femminile. Grandi potenzialità che stiamo valorizzando in un momento in cui stiamo passando dalla recessione ai primi segnali di ripresa economica. Le donne fanno, ancora, più fatica ad imporsi e ad entrare a pieno titolo e da protagoniste nel mercato economico. Sbloccare questo meccanismo consentirebbe di agganciare la ripresa, anche dell’occupazione, in maniera più solida.
E questa situazione per cui le donne fanno più fatica nel mercato del lavoro da cosa dipende?
Da molteplici fattori anche di retaggio storico e culturale su cui c’è bisogno di lungo e paziente lavoro per giungere a profondi cambiamenti. Le donne – e sul nostro territorio vi sono numerosi esempi – contano una consolidata presenza ed esperienza sia nei più frequentati settori dell’agricoltura, dei servizi, del commercio e artigianato, che in quello industriale. E spesso anche ai vertici del management. Solo che a questa presenza non corrisponde sempre un adeguato riconoscimento.
Quelle femminili sono imprese che durano?
I principali dati relativi ad un’importante misura che la nostra Regione mette in campo per il sostegno all’imprenditoria femminile (legge 11/2011) dicono di sì. Si tratta di contributi a fondo perduto per la creazione di nuove imprese da parte delle donne, un sostegno economico alle start up che vuole creare una rete di supporto anche a livello di scelte familiari. Ovviamente chiediamo loro di dimostrarci che la loro impresa è virtuosa, che le condizioni e requisiti richiesti all’atto di concessione del contributo permangano nel tempo. E sebbene il tempo che abbiamo stabilito nei regolamenti sia piuttosto lungo (in totale più di quattro anni), non ci risulta che tale prescrizione sia stata mai disattesa. Insomma le imprese femminili durano, le energie che le donne mettono in campo hanno buoni risultati, i loro sogni riescono spesso a realizzarsi.
Che situazione ha trovato all’inizio del suo mandato e quali iniziative state mettendo in atto?
Ho trovato un panorama di iniziative diversificate che facevano fatica a integrarsi fra loro. Quindi, oltre a finanziare con 1 milione di euro la legge regionale a sostegno dell’imprenditoria femminile cui ho già fatto riferimento, abbiamo cambiato approccio nei piani e programmi, ma soprattutto nell’effettiva strategia con la quale gli interventi vengono proposti puntando su complementarietà e integrazione. Faccio un esempio: se con un contributo riusciamo a raggiungere e ad incoraggiare donne che vogliono investire le proprie energie in un’impresa artigiana, ecco che con un altro progetto diamo loro la possibilità di inserirsi in una più vasta rete. E sosteniamo lo sviluppo di realtà di “coworking” in ambito artigianale. Lo stesso per quelle donne, e sono tante, che non sono propriamente imprenditrici in senso classico. Piuttosto imprenditrici di se stesse, e come tali particolarmente desiderose di scambiare talenti ed opportunità con altre donne, per fare rete per l’appunto. Per loro abbiamo provveduto a creare spazi di “coworking” pensati al femminile, anche con un supporto per la gestione dei figli.
Abbiamo poi messo in campo iniziative complesse di accompagnamento alla creazione di impresa, finanziate con fondi europei (Progetto Imprenderò) oppure progetti legati al territorio, finanziati con fondi regionali (Bando “Azioni Positive” e Regolamento “Rispetto tra i sessi”), dove le specificità dell’economia della montagna, per esempio, o di quella delle zone costiere legate al turismo vedono, di nuovo, le donne protagoniste dello sviluppo e della valorizzazione delle risorse. Una particolare attenzione è stata riservata al settore delle professioni, spesso dimenticato dalle tutele, per consentire alle professioniste di conciliare le esigenze della professione con quelle della maternità. Abbiamo previsto per le future mamme, che si trovano costrette a sospendere la loro attività lavorativa a causa di situazioni di rischio, la possibilità di avvalersi di un collaboratore o di un sostituto a cui affidare la propria attività lavorativa in tutto o in parte. La Regione interviene con un contributo a fondo perduto pari al 50% del compenso del sostituto.
Quali sono i settori e le specializzazioni dell’imprenditoria femminile in Friuli Venezia Giulia?
Come ho ricordato, e da quanto si evince soprattutto dagli interventi sull’imprenditoria femminile che realizziamo in collaborazione con Unioncamere FVG, si tratta di piccole imprese nei settori del turismo, del commercio, dei servizi e dell’artigianato. Ma non manca la presenza forte delle donne nei settori ad alta specializzazione tecnologica. Qui forse le imprese che possiamo qualificare “femminili” non sono proprio un fenomeno di punta, ma vi sono dati confortanti riguardo alla partecipazione delle donne, anche agli alti livelli dell’organizzazione aziendale, che fanno ben sperare in tema di parità di genere: un terreno fertile su cui investire. Così abbiamo voluto sostenere, in collaborazione con le Università, una “Banca dati dei Talenti Femminili” che possa fungere da cassa di risonanza per le competenze e i curricula delle donne.
Cosa pensa delle politiche nazionali per l’imprenditoria femminile?
Avvicinare le percentuali di donne italiane occupate agli standard europei è uno degli obiettivi principali del Governo perché sappiamo che passa da lì la possibilità più concreta di ridurre la disoccupazione nel nostro Paese. In questo obiettivo generale si inseriscono le politiche per l’imprenditoria che grazie al Fondo Nazionale dedicato stanno sostenendo numerosi progetti. Un’attenzione importante che sottolinea l’impegno dell’esecutivo anche in questo campo.
Quali sono le richieste e le priorità che su questo tema state presentando alla politica e al Governo?
Le priorità sono quelle di estendere le tutele a più categorie di lavoratori possibili come già avvenuto con lo jobs act. Solo in questa maniera e puntando fortemente su una efficace rete di servizi, che consenta la conciliazione dei tempi lavoro/famiglia, possiamo garantire alle donne la reale possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Sono convinta che saranno poi le capacità delle donne che faranno il resto eliminando quel gap che ancora esiste nel nostro Paese e contribuendo ancor di più alla crescita e allo sviluppo.
Con “Come ti combatto la crisi”, il format di Donne sul Web che racconta che una risposta possibile alla grave congiuntura economica in atto c’è, stiamo cercando di dare voce alle imprese femminili che fanno muovere il Paese. Perché in Italia c’è così poca attenzione al tema? Qual è la situazione di opinione pubblica e sensibilità nella sua Regione?
In generale il nostro Paese ha la tendenza a tenere sottotraccia le storie positive per enfatizzare quello che non funziona. Per questo iniziative come la vostra sono importanti per valorizzare l’iniziativa privata e anche gli sforzi del pubblico su diversi settori. Il Friuli Venezia Giulia, ad esempio, ha partecipato a progetti di scambio nazionale e transnazionale sul tema (“PON Transnazionalità” e “LaFemME” promossi da Italia Lavoro) ed ha riproposto in Regione alcuni spunti, riflessioni ed approfondimenti che abbiamo condiviso con altre Regioni e Paesi. E abbiamo avuto modo di stupirci positivamente.
I nostri “stakeholders” (imprenditori e imprenditrici, distretti e cluster industriali, organizzazioni di servizi alle imprese, etc) si sono dimostrati molto sensibili ed interessati al potenziale innovativo delle donne in ambito di impresa riconoscendo il loro valore come volano di crescita. Questa consapevolezza è meno diffusa nell’opinione pubblica e iniziative come questa rappresentano un ottimo modo per invertire questo trend e sottolineare il valore delle donne nella società.
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