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19,5 miliardi di dollari, questi i costi delle crisi umanitarie solo nel 2014. 100 milioni di persone nel mondo non hanno l’assistenza umanitaria. Le più colpite sono le donne. Che in una situazione di crisi, guerra, conflitti o disastri ambientali, fanno sempre più fatica a resistere. E la salvezza passa anche per un semplice assorbente.

 crisi umanitarie donne

Donne che lasciano le loro case, stuprate, affamate, picchiate, uccise, ammalate e prive di cure. E’ uno scenario desolante, apocalittico, quello che emerge dal rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) che parla di “tempesta” per descrivere la situazione globale di crisi umanitarie. C’è chi nasce nel posto sbagliato e vive in crisi tutta la vita. Disastri ambientali, terremoti, tempeste, ma soprattutto disastri provocati dalle guerre e dai tanti conflitti in giro per il mondo. In questo momento sono 26 milioni le donne che vivono in uno stato di crisi umanitaria. Vuol dire che ci sono 26 milioni di donne a cui viene negato uno standard minimo di vita dignitosa.

La dignità è anche un semplice assorbente

E non è un caso se si chiama “dignity kit”, il kit che l’UNFPA distribuisce nelle aree in cui sono in corso crisi umanitarie. Un pacco con quelle poche cose che servono a dare un minimo di dignità alle donne costrette a vivere con nulla, col costante problema della fame, delle malattie, delle bombe o degli stupri. Dentro il “dignity kit” ci sono un pettine, degli assorbenti, biancheria pulita, tagliaunghie, sapone, spazzolino e dentifricio e altre piccole cose che noi diamo per scontate ma che per milioni di donne non lo sono affatto. Un semplice assorbente può fare la differenza tra un’esistenza normale, al riparo dalla “tempesta” e un’esistenza in crisi.

In una situazione di crisi, le donne sono le prime vittime

Secondo il rapporto “State of World Population 2015” dell’UNFPA, dei 100 milioni di persone che necessitano di assistenza umana, le donne sono quelle più a rischio. Problemi di salute, violenza sessuale, assenza di igiene e strutture sanitarie: queste le minacce più gravi.

donna siriana
REUTERS/Giorgos Moutafis

Un dato significativo; il 60% delle donne morte di parto venivano da paesi in cui sono presenti guerre o disastri ambientali. Durante una crisi umanitaria – lo stiamo vedendo anche ora con i profughi siriani, ma è una situazione perenne in molte nazioni africane e non solo – viene a mancare il servizio sanitario, l’assistenza, la sicurezza. E le donne, comprese le adolescenti in età fertile, diventano le prime vittime, perché esposte a ogni genere di pericolo, dai più banali ai più rischiosi.

Non bastano infatti l’acqua e il cibo per sopravvivere: per una donna incinta o per una donna che ha subito violenza sessuale l’assistenza sanitaria, ma anche psicologica, è fondamentale. Con le guerre, viene a mancare tutto questo. Spesso hanno tanti figli da mantenere, da allevare, da sfamare, e non ci riescono. Molti di loro moriranno.

I costi delle crisi umanitarie

Eppure, nonostante questa consapevolezza nel mondo Occidentale, le Nazioni Unite non riescono a fare abbastanza. Le crisi umanitarie continuano ad avere costi altissimi che i governi sembrano ignorare. Sempre secondo i dati diffusi dall’UNFPA, nel 2014 le crisi sono costate 19,5 miliardi di dollari, una cifra enorme, riuscendo ad arrivare non a tutte le 100 milioni di persone coinvolte, ma “solo” a 35.

Nell’anno in corso, come se non bastasse, il fondo delle Nazioni Unite ha avuto meno della metà dei finanziamenti necessari per assistere le donne nelle zone di crisi, mentre i conflitti aumentano e così i disastri naturali (solo in parte inevitabili, dato che alcuni sono causati dall’uomo). Questo vuol dire che una parte di mondo vive in una situazione di crisi perenne, mentre un’altra parte di mondo non riesce ad aiutarla, o almeno non abbastanza.

Un ultimo numero spaventoso: al momento sono quasi 60 milioni le persone che sono rimaste senza una casa per colpa delle guerre. E’ un triste record, non si raggiungeva un numero del genere dalla Seconda guerra mondiale. E’ come se l’intera popolazione italiana da un giorno all’altro fosse costretta a lasciare la propria casa, verso l’ignoto, senza un minimo di assistenza base, esposti a ogni genere di pericolo.

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