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La prima libreria islamica d’Italia l’ha aperta una donna

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Donna, immigrata e imprenditrice: è la storia di Fatima, che ha aperto nel 2001 la linreria Iman, la prima libreria islamica d’Italia. Abbiamo parlato con lei. Il libro più venduto? Il Corano.

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In arabo Iman significa fede, una fede che si riferisce all’Islam, la fede che la dottoressa Fatima Abdlehakem ha coltivato per aprire la prima libreria islamica di Milano e d’Italia. Fondata nel 2001 la libreria Iman è diventata nel tempo un punto di riferimento per il mondo dell’associazionismo e dell’intercultura e per tutti coloro che intendono approfondire l’Islam, la seconda religione d’Italia e d’Europa che conta nel nostro paese circa un milione e mezzo di credenti di cui 100mila risiedono a Milano e provincia, città in cui trovano sede alcune importanti organizzazioni islamiche come l’Unione delle Comunità Islamiche Italiane (Ucoii) e il Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano (Caim).

Sposata con quattro figli e tre nipoti, tutti di cittadinanza italiana, Fatima Abdelhakem è arrivata dall’Algeria a Vicenza trent’anni fa con una laurea in psicologia in tasca conseguita all’università di Algeri. Prima di sposarsi con un connazionale ha frequentato la facoltà di Lettere moderne nella vicina Padova. In seguito si è trasferita con la famiglia a Milano. Nel capoluogo lombardo Fatima, che parla quattro lingue, si fa notare e diventa presidente dell’Associazione Donne Musulmane d’Italia. Qualche anno dopo apre la libreria Iman, un’attività a conduzione familiare, in via Varanini 12 (zona Loreto).

Come è nata l’idea di fondare una libreria islamica e come si è sviluppata nel tempo la sua attività?

La libreria Iman è nata per colmare un vuoto culturale. Mio marito ed io vedevamo sorgere delle macellerie halal e altre commerci di alimentari gestiti da musulmani ma non c’era ancora un luogo di cultura islamica in città. Se ne sentiva il bisogno per via di un’immigrazione musulmana che stava aumentando di anno in anno. A livello più personale siamo sempre stati avidi lettori, siamo una famiglia che legge molto e prima della fondazione di Iman eravamo assidui frequentatori di biblioteche e librerie. All’inizio è stata dura ma una volta trovato lo spazio, con il tempo, siamo riusciti a strutturare il nostro progetto economico fornendo alla città un servizio culturale che prima non esisteva.

Quante lingue parla?

Conosco quattro lingue: arabo, italiano, francese e inglese. I miei figli sono trilingue, tutti laureati, perfettamente integrati nella società e, benché di nazionalità italiana, conservano la loro cultura islamica di origine.

Che libri vendete, cosa trova un cliente sui vostri scaffali?

L’idea iniziale era di occuparci e divulgare solo volumi di letteratura religiosa perché avevamo riscontrato tanta ignoranza intorno ai temi dell’Islam. Il nostro obiettivo era e resta quello di scardinare i numerosi pregiudizi e le semplificazioni che toccano il mondo musulmano. Oltre ai libri religiosi vendiamo anche i grandi classici del pensiero filosofico islamico come Ibn Sina (Avicenna), Ibn Rush (Averroè), Ibn Khaldun e Al Ghazali fino agli intellettuali contemporanei come Tariq Ramadan.

L’ignoranza a cui si riferisce lei è solo appannaggio della popolazione non musulmana oppure tocca anche gli stessi migranti di religione musulmana?

Si tocca anche i migranti musulmani. Io sono laureata, ho avuto la fortuna di poter studiare ma molti dei nostri correligionari vengono da contesti rurali molto poveri. Hanno un’istruzione limitata, il loro arabo è lacunoso comunque dialettale e possiedono una conoscenza approssimativa della loro religione.

Quali sono i libri più venduti nella sua libreria?

Il libro più venduto in assoluto è il Corano, sia in italiano che in arabo. Seguono poi gli hadith (i detti e i comportamenti del Profeta Mohamed) e le biografie della vita del Profeta. Dopo l’11 settembre abbiamo registrato un’impennata delle vendite del testo sacro di riferimento dell’Islam, la gente voleva capire quali messaggi conteneva il Corano. Oggi vendiamo mediamente una quarantina di copie del Corano a settimana.

Chi sono i vostri clienti principali?

I nostri clienti non sono solo i migranti di cultura islamica residenti a Milano e Lombardia. Ci sono sempre più italiani, sia studiosi che semplici curiosi. Spesso arrivano studenti universitari di materie islamiche e di arabo. Coltiviamo contatti informali con il mondo universitario meneghino e con prestigiosi accademici di islamologia come il professore Paolo Branca dell’Università di Milano e il professore Stefano Allievi dell’Ateneo padovano.

La vostra attività è redditizia?

Si anche se non ci si arricchisce vendendo libri religiosi. Noi abbiamo fondato Iman per passione e per vocazione.  Per rendere la nostra attività più redditizia abbiamo diversificato i nostri prodotti commerciali.

Così accanto ai libri, abbiamo cominciato qualche anno fa a vendere anche capi di abbigliamento femminile, per le donne musulmane immigrate che avevano difficoltà a trovare i vestiti tradizionali come l’hijab (ndr: il velo islamico) o la jalaba (ndr: l’ampia tunica che scende fino alle caviglie).

Che tipo di velo richiedono maggiormente le donne musulmane che vengono da voi?

Soprattutto il velo leggero, l’hijab, quello portato dalla maggioranza delle donne islamiche nel mondo ma capita di vendere anche veli più coprenti come il niqab che lascia scoperti solo gli occhi, dipende molto dalla sensibilità della persona e dalla sua origine culturale: le donne somale o egiziane preferiscono per esempio quest’ultimo velo in base alla concezione che coprirsi maggiormente è indice di una spiritualità più forte.

Da dove vi rifornite? Da dove vengono i libri e gli indumenti in vendita a Iman?

I nostri prodotti arrivano dall’Europa, soprattutto dalla Francia o dall’Inghilterra ma anche dall’Egitto e dai paesi arabo-islamici. Poi abbiamo anche delle pubblicazioni tradotte dalla nostra rete e che abbiamo immesso sul mercato.

Iman si presta anche ad ospitare iniziative di carattere interculturale, quali nello specifico?

Si questa non è solo una libreria ma un luogo di incontro fra le culture. Come musulmani italiani ci sentiamo parte di questa comunità e vogliamo essere protagonisti di una migliore integrazione. Vogliamo far conoscere la nostra cultura e la nostra religione senza tabù e in piena trasparenza. Crediamo fermamente che la cultura sia il veicolo determinante per la valorizzazione delle similitudini più che delle diversità fra i popoli. Organizziamo periodicamente incontri con scrittori e studiosi invitando le altre comunità a partecipare a tavole rotonde e dibattiti.

Quali sono le prospettive future per la libreria Iman, quali sono le novità all’orizzonte?

Abbiamo tante idee valide. Vorremmo ingrandire la libreria e contribuire a rafforzare la comunità islamica italiana in un’ottica di integrazione sociale e culturale. Vorremmo che i musulmani abbiano un valore riconosciuto nella società italiana. Abbiamo anche l’ambizione di portare e tradurre in Italia nuove pubblicazioni inerenti al mondo islamico contemporaneo che trovano spazio nelle librerie di Francia o del Regno Unito. In confronto all’Italia questi paesi hanno una tradizione letteraria più ricca e sfaccettata in materia di studi culturali comparativi. Possiamo ancora dare molto a Milano e all’Italia.

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