La ricetta della semplicità: intervista alla chef Bonetta dell’Oglio
“Dopo anni passati a restaurare palazzi sono arrivata alla cucina”. Una passione che però nasce da piccola, per la chef siciliana Bonetta dell’Oglio. Costantemente in giro per il mondo, sostenitrice della “rivoluzione in un chicco” di una cucina “pratica, veloce, sana”. Abbiamo parlato con lei di cucina, Expo, e non solo.
La paladina dei grani antichi siciliani, questa moderna Demetra, è una chef itinerante che gira in lungo e in largo il globo per parlare di biodiversità, cibo a km zero, cucina naturale e sana.
Bonetta dell’Oglio, palermitana, ambasciatrice slow food dei prodotti siciliani, mamma di tre figli, inizia la sua attività nel campo del restauro architettonico.
La passione per la cucina nasce da ragazzina ma si trasforma in un vero e proprio lavoro.
Illuminata sulla via dell’agricoltura biodinamica grazie ad un incontro con Nicholas Joly, sposa in toto l’idea di una cucina che tutela, protegge e valorizza le materie prime.
Dopo l’esperienza del ristorante La Dispensa dei Monsù di Palermo, chiuso nel 2012, diventa fondatrice e attivista del movimento La rivoluzione in un chicco che, come dice lei stessa, rappresenta “l’identità culturale per il pensiero comune sull’agricoltura, come elemento fondante di una società libera”. Bonetta è un’instancabile pasionaria del cibo responsabile che parte dall’uomo e che porta a tavola una verità contro i processi di industrializzazione.
La sua è una battaglia quotidiana a difesa dei grani antichi siciliani e della biodiversità. E non solo: della nonna, grande gourmand, conserva il ricordo indelebile delle tradizioni siciliane a tavola, che ha ripreso, innovandole ma senza stravolgerle.
Bonetta, hai iniziato la tua carriera come restauratrice, vieni da una famiglia legata al mondo della moda (La famiglia Dell’Oglio dal 1890 è titolare di diverse boutique prestigiose e di alta moda a Palermo e il fratello Mario è il presidente della Camera Italiana buyer Moda, n.d.a), quando hai deciso che saresti diventata una chef?
Apparentemente sembra che il mio percorso non sia legato ai miei studi e al mio background ma in realtà non è così. La mia famiglia, con la sua attività, mi ha sempre trasmesso l’amore per le cose belle e di qualità. La cucina è stata una mia passione da sempre, che ho condiviso con le donne delle mia famiglia mentre il mio lavoro di restauratrice mi ha fatto capire l’amore per i dettagli. Dopo aver trascorso quattro anni a restaurare palazzi, ho cambiato settore e con il mio ex compagno, imprenditore agricolo, abbiamo dato vita prima a una bottega di salumi e formaggi, poi siamo passati al catering e alla cucina vegetariana e biologica. Infine ho deciso di aprire un ristorante La dispensa dei Monsù a Palermo.
Sei pioniera di una battaglia a difesa e tutela dei grani antichi siciliani e di un certo modo di intendere il cibo che rispetti chi lo produce e chi lo consuma. Oggi cominci a raccogliere i primi frutti?
I primi frutti si cominciano a raccogliere, vedo che alcune cose stanno cambiando. La gente comincia a diventare più sensibile a certe tematiche anche se la strada è ancora lunga.
Chef e donna, un binomio non sempre molto facile
Gli uomini hanno molti più vantaggi, questo è vero. Per loro gestire il tempo in famiglia comporta delle dinamiche diverse. Io che sono mamma di tre figli dico sempre di non rinunciare mai alla propria carriera. Bisogna spiegare ai figli che quello che si fa è importante per noi.
Chef itinerante, vieni da una recente trasfera negli Stati Uniti. Non pensi di nuovo all’idea di un tuo ristorante?
Sono tre anni che non mi fermo e vado in giro. L’idea di un ristorante mi piace molto ma per realizzarla bisogna lavorarci per bene. Intanto questa estate mi occuperò di un pop up restaurant a Cefalù, in Sicilia.
I reality show nel mondo del cibo, stanno aiutando o meno a diffondere una certa idea di cucina?
Sono utili solo se accompagnati da un certo discorso culturale e se hanno come obiettivo quello di diffondere qualità e consapevolezza. Altrimenti diventa resta solo uno show privo di contenuti.
Tieni un corso di cucina popolare all’Università degli Studi di scienze gastronomiche di Pollenzo ma il tuo piu’ grande sogno nel cassetto e’ quello di vedere nascere una scuola di cucina in Sicilia.
E’ vero. La strada è lunga e difficile eppure la Sicilia dovrebbe, per il suo patrimonio culinario, avere da tempo un’Accademia del Gusto, una scuola di formazione per questi giovani ragazzi che vogliono avvicinarsi a questo mondo.
Con l’Expo di Milano, secondo te, l’Italia ha perso un’altra grande occasione?
Certo, non ho dubbi. Per il modo in cui le cose si sono svolte e sono state gestite, abbiamo fatto l’ennesima cattiva figura.
Bonetta, qual e’ la cucina del futuro, secondo te?
Veloce, pratica, niente cibo lavorato industrialmente, basica, fatta di prodotti naturali, km 0, di grande qualità.
Non credo nella cucina molecolare, ecco.
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