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L’Islam non è un monolite. E’ una religione diffusa in più continenti che conta oltre un miliardo e mezzo di fedeli. Non essendoci un’autorità centrale come nel Cattolicesimo il suo sviluppo è stato contaminato dalle varie culture in cui si è inserito.

Sorelle Musulmane

Esistono diversi modi di seguire la religione musulmana e diverse “condizioni femminili” all’interno del mondo musulmano. Vediamo qual è la situazione delle donne islamiche, tra falsi miti e realtà, analizzando diritti, doveri e aspetti più intimi ma fondamentali come quello della sessualità.

I rapporti fra uomini e donne nell’Islam sono il risultato di una complessa interazione tra le diverse fonti religiose musulmane, le loro interpretazioni e il loro corso storico particolare. Se in generale la Sharia, la legge islamica, definisce chiare differenze tra i ruoli, i diritti e i doveri degli uomini e delle donne, lo status di queste ultime nelle diverse correnti islamiche e nei diversi paesi musulmani non è affatto uniforme, in particolare per quanto riguarda le norme in materia di matrimonio e di divorzio, di codice di abbigliamento, di status giuridico, di diritti civili e di accesso all’istruzione.

Studentesse Islam
Cairo – Un gruppo di giovani sorelle musulmane discute la preparazione per la tesi finale di laurea

Per valutare gli effetti dell’Islam sulla condizione delle donne alcuni studiosi hanno preso a parametro il ruolo della donna nelle società pre-islamiche dell’Arabia, regione in cui è sorto l’Islam nel VII secolo. Alcune cronache dell’epoca descrivono uno status femminile poco invidiabile: pratiche quali l’infanticidio delle neonate e la poligamia illimitata sarebbero state comuni. Secondo queste tesi le riforme di Mohamed, profeta dell’Islam e uomo politico avrebbero migliorato la condizione delle donne, stabilendo per esse un diritto di proprietà, di eredità, di educazione e di divorzio.

I diritti e i doveri delle islamiche

I diritti e i doveri delle donne sono definiti in alcuni versetti del Corano: “Le donne divorziate devono osservare un periodo di attesa pari a tre cicli mestruali prima di trovare un nuovo marito. Durante questo periodo i loro mariti hanno il diritto di riprendere la moglie, se vogliono la riconciliazione. Le donne hanno diritti equivalenti ai loro obblighi. Ma (nella coppia) gli uomini rimangono in posizione prevalente. (Corano 2: 228).

La prevalenza dell’uomo sulla donna si manifesta nelle questioni di diritto privato legate alla successione e all’eredità e ai diritti e doveri nella coppia in generale. Quest’inquadramento è una costante della Storia prima che una particolarità religiosa. In quasi tutte le società che dovevano darsi delle regole l’elemento maschile si è auto  designato a detenere l’autorità e il monopolio dell’uso legittimo della forza.  Essendo la violenza l’extrema ratio nel regolamento delle relazioni sociali e l’espressione ultima del potere, l’uomo ha sempre avuto la meglio sulla donna. Una potenzialità di nuocere fisicamente maggiore. Secondo le fonti islamiche l’Arabia, penisola nella quale venne fondata la religione musulmana e in cui Dio o Allah concluse la rivelazione affidandola a Mohamed, era un regione dominata dal caos, dalla violenza e dalle tenebre: la “Jahilya” , “l’età dell’ignoranza” in arabo.

Il rispetto per la donna secondo il Corano

La prevalenza dell’uomo sulla donna si chiama “Qawâma” ed è norma della Sharia.  Anche se per il Corano ogni musulmano può sposare quattro mogli, la Sharia non manca di sottolineare le responsabilità e i doveri dell’uomo nei confronti delle donne in generale e delle mogli in particolare.

Il principio cardine è il rispetto per la donna. Per i più rigoristi non dovrebbe essere neanche toccata se non è la propria moglie o parente. La figura della madre è poi così venerata che secondo un Hadith “Le chiavi del Paradiso si trovano sotto i piedi di tua madre”.

Per i coniugi la Sharia prescrive la convivenza totale e la fedeltà, in condizione di non poligamia. L’egoismo è scoraggiato: se il marito dovesse viaggiare senza la moglie, deve prima chiedere il permesso. Il marito non ha il diritto di “abbandonarla” per un lungo periodo di tempo (non più di quattro mesi) e trascurarla in generale. Le assenze del marito devono essere inoltre puntualmente giustificate, nel caso contrario la moglie può “considerarsi” abbandonata e sciogliere il matrimonio che nell’Islam è uno strumento giuridico più che un’affiliazione religiosa. In questo caso la donna ha diritto a una pensione e alla proprietà della casa di famiglia.

Donne islamiche e sessualità

Il marito è inoltre giuridicamente vincolato a soddisfare sessualmente la sua partner. Il sesso dunque è un dovere coniugale citato nella Sharia. In teoria in caso di incompatibilità sessuale la donna ha diritto a richiedere il “divorzio”. Infine secondo il Corano stesso, se il marito decidesse di rinunciare alla poligamia avrebbe l’obbligo di fedeltà assoluta nei confronti della moglie. In caso contrario quest’ultima può chiedere e ottenere la “separazione per colpa”.

La condizione della donna e il dibattito sui i diritti e doveri in regime di uguaglianza ha vissuto varie fasi e alcune accelerazioni. In epoca contemporanea il “modernismo islamico” ha dato vita a un’effervescenza intellettuale e artistica che dal Cairo si estendeva al Bengala.  All’inizio del XX secolo un’avanguardia del movimento femminista si sviluppa in diversi paesi musulmani. Nel 1923 Hoda Sharawi fonda al Cairo l’Unione femminista egiziana. Nel 1956 la Tunisia promulga il Codice dello statuto della persona, una serie di leggi fra le più progressiste dei paesi musulmani che instaura l’uguaglianza giuridica fra donna e uomo, abolisce la poligamia e vieta i matrimoni forzati.

Com’è cambiata la condizione femminile nell’Islam

Negli anni ’70 con l’emergere dell’Islam politico la condizione delle donne è peggiorata in molti paesi, con il caso limite dell’Afghanistan sotto il regime dei Talebani. In opposizione a tale fenomeno dal 1980 una rete transnazionale di femministe, vicino all’Islam più liberale e appoggiata da personalità quali Amina Wadud, è emerso rimettendo in questione alcuni dogmi islamici, entrando nel merito: ha contestato l’interpretazione di un certo numero di Hadith (una delle fonti della Sharia) e continua a lottare per l’uguaglianza di diritti anche all’interno della sfera religiosa e non solo in quella secolare.  In Marocco, nel 2004, la riforma della “Moudawana”, il diritto di famiglia, ha reso quasi impossibile la pratica della poligamia ed esteso il diritto di divorziare alle donne. Negli ultimi anni anche l’Algeria ha modificato il proprio codice civile in funzione egualitaria.

Il destino della condizione della donna rimane legato alla situazione politica dei paesi islamici trattandosi di lotte civili. In alcune zone è inverosimile che ci possano essere progressi nel breve e medio termine: fra il Tigri e l’Eufrate, nel Levante c’è una guerra che non finisce più e l’espansione dell’Isis, fisica e “morale”, spinge i musulmani più ingenui benché violenti verso un approccio fondamentalista e un’interpretazione letterale quanto estesa della “Qawama”, la supremazia dell’uomo sulla donna. Più a sud sulla cartina del Medio Oriente c’è la terra di Mohamed, l’Arabia Saudita e le micro-monarchie del Golfo in cui le donne faticano anche a prendere la patente per guidare l’automobile.

Religione senza patria, universale e a-geografica, l’Islam si plasma sulla pelle della sensibilità e del carattere nazionale dei popoli che vi aderiscono. Oggi sono un miliardo e mezzo nel mondo: dai Balcani all’Indonesia, dal Marocco all’Arabia Saudita. Per questa ragione è difficile affermare e generalizzare che “tutte le donne musulmane vivono una condizione subalterna”, come vorrebbe la vulgata giornalistica di ieri e di oggi. Una ragazza di Sarajevo ha una storia e dei diritti civili diversi da una giovane di Istanbul o di Riad. Affermare la subalternità femminile si scontrerebbe inoltre con un’altra realtà: alcuni paesi a maggioranza islamica hanno avuto capi di stato e di governo donne, fenomeni politici impensabili giù da noi. Benazir Bhutto in Pakistan, Mame Boye Madior in Senegal, Tansu Ciller in Turchia, Kaqusha Jashari in Kosovo, Megawati Sukarnoputri in Indonesia, Khaleda Zia e Sheikh Hasina in Bangladesh.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 Comment

  1. Maria De Falco Marotta
    3 Marzo 2017 at 17:38 — Rispondi

    Bisogna ricordarsi che Maometto diede grande notorietà alle tre donne della sua vita:Kadjgia,Aisha e Fatima e le islamiste “dure e pure”, non si interessano di femminismo, essendo- secondo loro- già nella pratica sin dal sorgere dell’islamismo.

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