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Quello che ho imparato da New York. Intervista a Laura Caparrotti

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“Le idee non mi sono mai mancate e neanche il coraggio di metterle in pratica” . Intervista con l’attrice, regista e direttrice artistica Laura Caparrotti. Abbiamo parlato di teatro in Italia e a New York, dove ha fatto carriera, e delle difficoltà di portare la cultura italiana all’estero: “Ci sono tante compagnie che fanno cose bellissime ma di solito ci rimettono e vanno avanti solo per amore e passione”

Laura Caparrotti

Una laurea in Storia del Teatro e dello Spettacolo e studi di recitazione e scrittura teatrale con Dario Fo, Annie Girardot e molti altri. Laura Caparrotti, romana ma di origine calabrese, ha recitato, diretto e prodotto in Italia e negli Stati Uniti, dove nell’anno 2000 ha fondato la KIT-Kairos Italy Theater Inc., una compagnia dedicata totalmente a diffondere la cultura italiana nel mondo.

Oltre a proporre teatro in Italiano e in Inglese e a insegnare corsi di Italiano&Teatro a grandi e piccini, Laura è la rappresentante della Famiglia De Curtis e di Toto’ in America ed è la dialect-coach per la serie televisiva prodotta da Martin ScorseseBoardwalk Empire. Giornalista, Laura è anche la fondatrice e direttrice artistica di IN Scena! Italian Theater festival NY, il primo festival di teatro italiano ad avere luogo in tutti i cinque distretti di New York.

Ci racconta della sua passione per il teatro e di come New York, oggi la sua città, dia nuovi stimoli ed energia nella creatività come nell’impresa.

Hai studiato con grandi registi ed autori di teatro. Poi la scelta di lasciare l’Italia per NY. Cosa ti ha motivato e spinto?

Dico sempre che questa risposta e’ cambiata con gli anni. Quest’anno faccio 50 anni e New York e’ diventata la mia citta’. La mia vita mi appare come un film strano, fatto di tentativi mai creduti eppure provati fino in fondo e in molti casi riusciti. Non mi sono creata una famiglia, come pensavo di volere fortemente, la mia vita e’ il mio lavoro, i miei amici, la mia New York, la mia famiglia rimasta in Italia.

Dunque credo che la spinta vera sia stata la sensazione che New York mi dava la possibilita’ di provare all’infinito senza giudicarmi e senza chiedermi ragioni. New York sapeva che le avrei trovate. E lo sapevano anche i miei genitori che mi hanno sostenuto fin dal primo momento, con orgoglio e passione, nonostante sapessero che sarei stata lontana. Poi le ragioni spicciole sono quelle di delusioni teatrali, ma quelle contano poco, ora.

A NY sei diventata anche imprenditrice e produttrice. Come hai vissuto e sviluppato questo tuo ruolo?

Credo di averlo sempre avuto in me. Da ragazzina, avevo circa 7 anni credo, organizzavo spettacoli a casa mia, di solito con la mia migliore amica, che poveretta mi seguiva anche se non ne aveva proprio voglia, e a volte anche con altre attrici prese dalla mia classe alle elementari.

Poi, come dice mia madre, le idee non mi sono mai mancate e neanche il coraggio (io la chiamo follia) di metterle in pratica. Certo, ho sbagliato molte volte, ma mi sono sempre rialzata, cercando di capire cosa avessi sbagliato e come migliorare. Anche questa pero’ e’ una qualita’ datami da New York. E dai miei, ovviamente. Se non avessi avuto due persone come mio padre e mia madre ad insegnarmi tenacia e logica, non sarei andata da nessuna parte. Credo.

C’e’ da dire che se non ti viene un po’ di anima business a New York vuol dire che non c’e’ proprio niente da fare. Questo non vuol dire che tutto quello che facciamo sia facile e ben retribuito. Anzi, il contrario! Essere produttrice vuole anche dire passare la maggior parte del tempo a cercare sponsor e non idee creative! E questo alle volte e’ un aspetto che pesa ad un’artista come me che vorrebbe solo creare… magari senza problemi di budget!

Nel 2000 hai fondato Kairos Italy Theatre con l’obiettivo di creare un punto di riferimento per la cultura italiana a NY e anche uno scambio tra i due paesi. Dopo sedici anni, come si e’ evoluto il progetto?

E’ diventato piu’ mirato, piu’ limato, piu’ preciso nella programmazione e nella realizzazione. Adesso proponiamo sia testi classici, che moderni e contemporanei, alternando l’offerta e li portiamo in tour presso università e comunità in giro per gli Stati Uniti, presentando i nostri testi in modo fresco e non convenzionale, abbinando anche seminari, conferenze e lezioni.

Abbiamo iniziato uno studio sui sopratitoli per spettacoli dal vivo per necessita’ e convinzione e la nostra curiosita’ ha trovato partner che poi si sono trovati tra di loro tanto che la Montclair State University ha concretizzato una collaborazione con il Prescott Studio, una delle agenzie prime al mondo per il sopratitolaggio degli spettacoli dal vivo, grazie anche al fatto che proprio noi li abbiamo fatti incontrare.

Cerchiamo di unire le compagnie che si basano su culture non anglofone per creare un network che affermi il teatro di cultura non americana nel panorama molto americano degli Stati Uniti. Stiamo anche puntando sull’istruzione, fornendo attraverso il nostro nuovo sito una piattaforma per l’approfondimento dei temi e degli autori presentati. In questo momento stiamo anche studiando dei video educational, come si dice in inglese, e stiamo cercando di continuare a pubblicare i testi teatrali che abbiamo gia’ tradotti in forma bilingue. Per finire, almeno per ora, quest’anno riportiamo l’America in Italia.

Ad aprile la prestigiosissima compagnia Bedlam, osannata da tutti i grandi giornali americani, sara’ per la prima volta assoluta fuori dagli Stati Uniti, in Italia proprio grazie a noi. Con loro celebreremo i 400 anni dalla nascita di Shakespeare. Insomma, credo che quella che era una barchetta che vagava sul mare del teatro sia ora una gran bella nave, maestra a volte, che naviga verso mari che parlino anche italiano.

In che cosa e’ diverso il teatro americano da quello italiano sia da un punto di vista manageriale che della produzione e fruizione.

Non c’e’ invidia e non si pensa automaticamente che se qualcuno ha successo, lo deve ad un amico o a chissa’ quale relazione privilegiata. C’e’ un atteggiamento molto meno negativo, in tutti i sensi e molto piu’ collaborativo, anche perche’, lo ripeto, qui anche il teatro e’ considerato un business, e’ pensato come un business, non come un qualcosa che fai nel tempo libero.

Per quanto riguarda recitazione o spettacoli, a parte alcune compagnie che trovo eccezionali, di solito trovo il teatro americano abbastanza tradizionale, anche nelle sue forme piu’ sperimentali. In questo, devo ammetterlo, l’Italia e’ molto meglio.

Venendo in Italia si trovano cosi’ tante compagnie che fanno cose bellissime, spesso innovative, attori eccezionali, registi incredibili, pero’ nel nostro paese, a parte i grandi stabili, fare teatro costa a chi lo fa che di solito ci rimette e va avanti solo per amore e passione, non certo per l’aiuto dello Stato e di varie istituzioni.

Ecco, questa e’ un’altra cosa che si trova in America: la possibilita’ di prendere finanziamenti, sale prove a prezzi scontati, materiali gratuiti. Devi dimostrare che il tuo progetto sia chiaro, valido, con un budget che abbia senso e che sai giustificare. Insomma, ci risiamo, basta che dimostri che il tuo business funzionera’ e poi porti i documenti del tuo successo.

Quali autori italiani vengono apprezzati e quali sono i meno conosciuti?

Facciamo prima a parlare solo di quelli conosciuti ai piu’ sofisticati: Pirandello, Edoardo, Goldoni e Mario Fratti, nostro angelo custode da sempre. Noi abbiamo portato Boccaccio in scena ed e’ stato un gran successo, ma lui non e’ propriamente un autore di teatro. Gli altri possono piacere, ma non li conosce nessuno. Pero’ quando li scoprono e li amano, rimangono innamorati a vita!

Parlando dei progetti futuri, a cosa stai lavorando?

Abbiamo appena chiuso la prima edizione di In Scena Winter, che e’ andata benissimo, e ci apprestiamo a presentare In Scena! Italian Theater Festival 2016, dal 2 al 16 maggio in tutti i cinque distretti di NY. Il festival, nato nel 2013, e’ ora al suo quarto anno di vita e stiamo gia’ correggendo qualche tiro. Nel 2017 vorrei che fosse un Festival un po’ diverso perche’ c’e’ tantissimo teatro italiano bello da presentare a New York e vorrei davvero poter portare piu’ compagnie possibili. Ci sono ovviamente anche altri progetti in ballo, ma tocca aspettare e consultare mese dopo mese il nostro sito www.kitheater.com oppure iscriversi alla nostra newsletter – sempre sul sito – per essere sempre aggiornati.

E oggi dopo quasi venti anni come ti sembra l’Italia vista da NY

Difficile dirlo senza ricadere nelle solite lamentele dell’Italia difficile. Difficile pero’ non notare che l’Italia, almeno in questo periodo, sta veramente facendo passi indietro. Visti da lontano sembriamo vivere in un costante medioevo, dove non esiste piu’ morale, piu’ giustizia, piu’ diritto. L’Italia e’ il mio paese, bellissimo, unico, ma ferito e umiliato. Spero si riprenda, ma sinceramente non sono molto ottimista a riguardo.

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